Le 5 Leggi Biologiche: recidive, allergie e la storia di un proiettore

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Immagina se le cose avessero una loro vita, immagina che storia avrebbe da raccontare la tua auto, il banco di scuola dove hai studiato o chissà quale altro oggetto con il quale sei entrato in contatto.

Questa è la storia di un proiettore, di quelli usati nei cinema fino a qualche tempo fa, il suo nome è Gino.

Immaginalo mentre viene costruito in fabbrica, controllato e infine spedito in una sala cinematografica. Il suo primo momento di vita tra odore di plastica scaldata e pellicola cinematografica è caratterizzato da una luce molto forte e dalla sua prima sequenza animata, il primo film!

Vede passare davanti al suo occhio luminoso la vita di un uomo che cresce in una città grigia e che  tenta di ricevere amore dalla madre alcolista mentre il padre li ha abbandonati. La vita di quest’uomo sarà fatta di una ricerca continua di amore che chiederà alle sue compagne, agli amici,  ai colleghi di lavoro e poi, rabbia e frustrazione. Gino prende contatto con la vita e crede che quella sia la verità, la sola verità perché quello è il film che vede, la sua realtà: una lotta per ricevere amore e appartenenza.

Questo sembra essere l’imprinting di Gino ed è un film che lui stesso continuerà a proiettare nei giorni successivi. Da quel momento proietterà film di guerra, comici, tragedie e ognuno gli parrà vero e sembrerà aggiungere qualcosa alle emozioni, in lui sempre presenti, suscitate dalla sua prima proiezione particolarmente triste e grigia. Gino, quando la sala torna buia, riflette sulla vita ed è preso da una nostalgia incolmabile in quanto pensa di vivere in un mondo difficile dove non c’è amore: il suo primo film gira ancora nella sua memoria anche se adesso tutto è spento.

Durante i filmati non ha mai immaginato di poter guardare la sala del cinema, non si accorge delle coppie che si tengono per mano mentre lui genera le scene sullo schermo bianco, non vede i bambini rapiti dai cartoni animati, non è in grado di percepire l’amore che, a volte nella sala, si muove tra gli esseri umani che lo circondano. Vede solo il suo film, rapito dalla sua stessa proiezione.

  • E se Gino fosse un bambino con una storia simile?
  • Che film vedrà e rivedrà continuamente nella sua vita?
  • Che dolore si riaccenderà nel suo animo quando a 17 anni la prima ragazza di cui sarà infatuato decide di lasciarlo?  (E proietterà)

Ecco cosa accade quel giorno.

Si trovano in campagna, è maggio, profumo della vegetazione che si apre alla primavera, pollini, api, luce accecante e un piacevole tepore ma per Gino quel momento è tragico; tutto il dolore del bambino che cerca amore si condensa in un istante, il suo corpo si congela e contrae: di nuovo il vecchio film di quando era piccolo scorre davanti ai suoi occhi e la ragazzina è uguale a sua mamma che sembra non riuscire a tenerlo con sé.

Il cuore batte in modo accelerato, il respiro è affannoso, la sensazione di pericolo è totale. Ciò che sta percependo non ha a che fare con la situazione attuale, in cui un osservatore esterno vedrebbe una ragazzina spaventata che tiene lontano il ragazzo amato per la sua storia fatta di paure e tradimenti del padre verso la madre. Due proiettori che pensano di comunicare tra loro ma, sono immersi nel loro mondo fatto di paure e dolori antichi.

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Cosa accade al livello biologico?

Il corpo di Gino entra in allarme e registra tutti gli elementi che potrà riconoscere in futuro per evitare il ripetersi della situazione di pericolo. La luce, una musica specifica, i pollini, un certo profumo: tutto questo potrà diventare un binario, cioè un interruttore che, se premuto, riporterà Gino in allarme senza neanche che la sua mente abbia il tempo di comprendere cosa accade e perché! Questo meccanismo è molto utile nella nostra biologia per poter produrre risposte veloci rispetto all’ambiente e ai pericoli ( immaginate la rapidità di risposta che era necessaria ai nostri antenati nelle foreste, esposti a pericoli come grossi predatori o altro ). Grazie a questo meccanismo, il corpo di Gino, quando incontrerà di nuovo le condizioni del trauma con la ragazza, si attiverà proprio come quel giorno, per poi rilassarsi e ripararsi.

Se il sentito profondo nel momento del trauma è: “avverto un pericolo che mi puzza ma non ho chiaro quale sia” allora si ulcererà la mucosa nasale proprio nel momento della percezione del pericolo e questo tessuto inizierà a ripararsi dopo che il corpo di Gino sentirà che non c’è nessun allarme. A quel punto la mucosa nasale gonfia e poi rilascia liquido e chiamiamo questo sintomo: rinite, in questo caso, “allergica” perché il processo si riattiva in presenza di quegli elementi “interruttore” del trauma come un profumo particolare o pollini.

(In questa storia vediamo alcune modalità di funzionamento del nostro corpo di cui non siamo coscienti che quindi chiamiamo inconscio e che generano dei sintomi fisici che potrebbero sembrare cronici. Allo stesso tempo comprendiamo cosa ci mantiene incastrati in una spirale di emozioni dolorose e situazioni di vita che si ripropongono come fosse una  sorta di maledizione).

Adesso abbiamo più chiaro che un sintomo sembra recidivare o cronicizzarsi a causa del meccanismo biologico chiamato binario. Si tratta di un automatismo per cui il nostro corpo rientra in un sentito traumatico non appena incontra di nuovo certi fattori presenti nell’ambiente nel momento di un trauma. Nel corpo si riattivano i tessuti coinvolti nel momento del trauma e quando ci rilassiamo il sintomo diventa più evidente e il processo di riparazione ovviamente si allunga.

La Proiezione

Si tratta di una modalità di funzionamento che ha a che fare con la percezione e interpretazione di ciò che ci accade. Di conseguenza a shock e ferite vissute nei primi periodi della vita si crea in noi il film che chiamiamo realtà.

Questo film lo proiettiamo continuamente davanti ai nostri occhi e senza accorgerci concorriamo a generare proprio quella realtà che vorremmo evitare. Il problema è proprio il COME creiamo la nostra realtà dolorosa.

Tornando alla storia di Gino, provate a immaginare quanto è forte la paura di essere rifiutato da mamma per il bambino ferito che vive in lui e quanto starà sulle difensive in una relazione, in particolare con una donna che gli piace; proprio questa resistenza all’intimità e alla comunicazione profonda concorrerà a generare relazioni non chiare e ricche di contrasti e che molto probabilmente finiranno sempre in modo simile.

Questo ripetersi di circostanze apparentemente “sfortunate” che chiamiamo recidive conflittuali genera, non solo un disagio emotivo, ma anche una risposta fisica in cui il corpo entra in allarme, riattiva un tessuto che poi riparandosi darà vita ad un sintomo.

I binari e le recidive conflittuali, legate al nostro mondo fatto di proiezioni inconsce, generano il protrarsi del sintomo e stati di malessere emotivo.

Abbiamo compreso come siano dei fenomeni interconnessi ma, allo stesso tempo, anche delle grandi risorse.

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Perché?

  • Perché il corpo manifesta con le cosiddette malattie e con stati emotivi dolorosi e persistenti che una parte di noi è ferita e che questa ferita ha bisogno di essere sentita bene e non soltanto “capita”.
  • A volte può essere necessario essere accompagnati da un professionista a contattare davvero un dolore antico che un tempo per noi era “troppo” ma che adesso possiamo sostenere.
  • A questo punto si svelerà alla coscienza la nostra proiezione fin ora inconscia e ci sarà possibile trovare una modalità di vita più piacevole rispetto al nostro consueto schema che autoalimenta il dolore.

 

 

Questo articolo del Blog è stato pubblicato all’interno della

Rivista 5 Leggi Biologiche Magazine

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