Un mondo di giudizio

Quante volte giudichi le persone intorno a te anche solo nella tua testa?

Prova a soffermarti su questi pensieri, probabilmente sono più frequenti di quanto ti saresti aspettato o magari ne sei consapevole ma non riesci a evitare che il meccanismo del giudizio scatti in modo automatico.

Ti sei mai accorto che quello che noti di spiacevole fuori da te, in realtà ti appartiene?

Proprio così, le parti che non amiamo, che rifiutiamo di noi, le “portiamo fuori”, cioè, le proiettiamo sugli altri e così facendo teniamo lontana la sensazione che siamo noi stessi a non andarci bene!

In pratica, di solito, misuriamo gli altri con la stessa aggressività con cui misuriamo noi stessi. Ecco perché accorgerci di come giudichiamo può esserci utile a diventare coscienti di quanto facilmente siamo aggressivi con noi stessi.

Ma perché giudichiamo gli altri e noi stessi? Ovviamente impariamo a farlo; cresciamo in un ambiente in cui questa attitudine svalutante è molto comune e, senza volerlo, la facciamo nostra.

Ma c’è di più, grazie al giudizio ci proteggiamo dal provare sentimenti dolorosi.

Come è possibile? Facciamo un esempio: ricorda una situazione in cui ti sei sentito proprio incapace, magari provavi vergogna, e l’emozione dolorosa ti faceva chiudere la gola o lo stomaco, poi ad un certo punto hai  cominciato a definirti un imbranato e questo rinchiuderti in un’etichetta o giudizio in realtà ti ha allontanato dal sentire vero. Senza quella strategia della mente chiamata giudizio, saresti rientrato con i tuoi sentimenti ad un momento in cui da piccolo, invece che essere accolto e incoraggiato di fronte ad una tua difficoltà, eri trattato in modo frettoloso o addirittura sgarbato o violento, magari in quella situazione ti tremavano le mani e ti convincevi di essere sbagliato e che solo essendo “giusto” potevi essere amato. Quando ti giudichi non sei in empatia con il bambino o bambina che eri e, anzi, ti tratti come venivi trattato per esempio da un insegnante o da un genitore in certe circostanze.

Non essere più né schiavi né vittime del giudizio è uno degli obiettivi del lavoro su di sé che propongo attraverso le sessioni individuali e i gruppi di costellazioni famigliari e multidimensionali.

 

  • Marco Meini

 

 

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